giovedì 31 agosto 2017

Recensione: "Death Note" il film di Netlix. Come rovinare e stravolgere un'opera cult

Carissimi astronauti,
solitamente non scrivo recensioni ai film, ma questo è un caso particolare: sono una fanatica sfegatata di "Death Note", e a parte i live action made in Japan (cosa a cui rimedierò dopo aver visto questa ciofeca), ho letto il manga e tutti i romanzi, oltre ad aver visto l'anime e gli OAV.
L'altra sera ho acceso Netflix per riprendere la mia visione della serie "Revenge" ma quando ho visto questo film in primo piano ho quasi urlato dalla sorpresa e gli ho dato la precedenza... l'avessi mai fatto! Come avrete già capito, non mi è piaciuto.




Titolo: Death Note
Regia: Adam Wingard
Distribuzione: Netflix
Genere: Horror / Teen (Già a classificarlo così è un'eresia!)
Data di uscita: 25 Agosto 2017
Durata: 1h 41 min


Trama:
Light Turner è studente delle scuole superiori che trova un quaderno dai poteri soprannaturali, il Death Note, che è stato lasciato sulla Terra dal dio della morte Ryuk. Il quaderno conferisce a Light il potere di uccidere chiunque scrivendoci il nome e visualizzandone il volto. Light inizia ad usare il Death Note per uccidere criminali e disonesti così da creare un mondo dove non ci sia più il male. Le morti improvvise e misteriose però attirano l'attenzione di Elle, un investigatore privato chiamato a indagare sul caso. Light decide di usare il potere a fin di bene, ma perdendo sempre di più il controllo.


Le recensioni e gli articoli di Universi Incantati

Spero vivamente (ma temo non sarà affatto così) che nessuno impari a conoscere "Death Note" attraverso questo film, perché, in fondo, questo non è affatto il vero "Death Note" scritto dalla mitica Tsugumi Ohba!
Questo nient'altro è che la solita "americanata" con tanto di liceo, cheerleader e, ma-santo-cielo-come-avete-potuto-farlo- ballo scolastico! Un banalissimo teen splatter. Non aspettatevi il thriller fenomenale con cui l'originale ci sorprendeva e avvinceva, e sappiate che l'ambientazione in cui si svolge la vicenda è a Seattle, con Light Yagami che diventa Light Turner, Misa Amane che diventa Mia, e Ryuk che - fortunatamente solo all'inizio - Light pronuncia "Raiuc" (meglio ridere, va'); almeno L resta sempre L... nel nome.

Del resto, si sa, la prima cosa che salta all'occhio quando si fa una trasposizione, che derivi da un libro o da un manga o da un anime, è il cast: in questo film è pessimo e improbabile. Quando nei forum di allora si fantasticava sul volto dei nostri beniamini, vedevamo benissimo Zac Efron come Light, invece ora ci troviamo il volto di Nat Wolff, che è credibile solo quando fa lo sguardo da pazzo. Mia/Misa è Margaret Qualley che come fisicità non c'entra nulla, per non parlare della sua espressività e interpretazione: sembra un incrocio tra una tossica e una psicopatica, altro che ragazza gotica! Il pallidone L è... ehm... nero. In compenso, però, penso che Lakeith Stanfield abbia fornito l'interpretazione "meno peggiore". L'unico che ho trovato pertinente è stato Watari (Paul Nakauchi) e accettabile anche il padre di Light, interpretato da Shea Whigham.
Al di là degli attori scelti, però, una delle cose che più mi hanno infastidito è la caratterizzazione dei personaggi, infedele soprattutto nel caso di Light: nel corso dei volumi del manga (e degli episodi dell'anime) ho detestato il protagonista della storia, tuttavia è un personaggio che non può di certo passare inosservato. Il vero Light è un secchione, un genio del male, un calcolatore doppiogiochista; le donne gli vanno dietro e lui se ne infischia perché la sua idea di giustizia ha la priorità su tutto, e il potere gli da alla testa al punto che non prova alcun rimorso, non importa se a ostacolare il suo progetto c'è il suo stesso padre. Il Light che invece vediamo in questo film è moscio, imbranato: urla in preda all'isteria quando vede Ryuk e sbava dietro a Misa, ops, Mia, insomma, il classico sfigatello asociale e persino cocco di papà, nel senso che anziché fare la scelta che chi conosce l'originale sa bene, va ad abbracciarlo disperatamente. Come potete capire, c'è una grossa differenza. Qui è pure figlio unico ed è rimasto orfano di madre, offrendo così il solito e ormai abusato cliché del ragazzino vendicatore, poiché una delle sue prime "giustizie" è uccidere l'assassino di sua madre.

Mia è la compagna di liceo di Light e fa la cheerleader (stendiamo un velo pietoso), ed è lei ad avvicinarsi, ma non perché ha riconosciuto Kira in lui, bensì, perché questo Light è così ingenuo da portarsi il Death Note a scuola e a sfogliarne le regole in pubblico, durante una partita! In questa versione, Mia non ha il Death Note e di conseguenza non appare nemmeno Rei, ma la cosa paradossale è che lei sembra perfida e decisa ad andare fino in fondo, istiga uno sciatto Light che pende vergognosamente dalle sue labbra come se non avesse mai visto una donna, e commettono omicidi insieme, tra sbaciucchiamenti e rapporti sessuali! Decisamente inaccettabile: questi non sono loro! Per non parlare di chi dei due organizza l'eliminazione della squadra dell'FBI... era proprio in quel caso che si vedeva come Light avesse perso ogni limite.

Mancando il carattere astuto, intelligente e perfido di Light, inevitabilmente ne perde anche il detective L, che sostanzialmente hanno riassunto come un tipo che mangia in continuazione e sta seduto in quel suo modo particolare; ma non è di certo per questo motivo che L mi aveva conquistata. Pensandoci bene, sembra sempre sul punto di avere una crisi di nervi, e sbotta un po' troppo facilmente: entrambi, Light e L, nell'originale sono più contenuti perché vestono una maschera e non vogliono rivelare chi sono realmente. Quando L si rivela a Light, non da assolutamente la stessa emozione: è una scena piatta.

Ahi noi, anche Ryuk è stato stravolto: il ruolo di Ryuk era quello di uno spettatore divertito (visto che nel mondo degli shinigami si annoiava ed è per questo che fa cadere il Death Note nel mondo umano); diceva chiaramente che non prendeva le parti di nessuno. Qui, invece, Ryuk diventa spesso l'artefice, dato che fin dall'inizio insegna a Light come scrivere sul Death Note, poi c'è addirittura una situazione in cui è lui stesso a scegliere come uccidere un uomo. Questo perché le regole del quaderno non sono più quelle che conosciamo: se non si specificava il modo in cui la vittima moriva, questa moriva di arresto cardiaco (ed era così che Light tastava il Death Note all'inizio del manga), invece sceneggiatori e regista si sbizzarriscono in scene splatter di decapitazioni e tranciamenti vari, poi c'è l'assurda regola che se si brucia la pagina dove compare un nome, la vittima non morirà più!
Tornando poi a Ryuk, ho notato solo nei titoli di coda che è Willem Dafoe ha dargli il volto e l'espressività, solo che il personaggio è sempre nell'ombra, soprattutto per quanto riguarda "il sorriso"... perché? Non riuscivano a crearlo? Per la maggior parte del film lo vediamo al buio e di spalle, mai chiaramente.

Ho trovato del tutto inadatte anche le musiche, soprattutto quella che fa da sfondo all'evento sulla ruota panoramica (della serie: devo ridere o fanno sul serio?) e quella che accompagna il finale, ossia una cover di "The Power of Love" di Celine Dion... rendiamoci conto dell'assurdità della cosa! "Death Note" non è affatto una storia d'amore, ma in questo film Light e Mia non fanno che parlarne, e se ne escono con frasi del tipo: "se mi ami veramente...". Almeno sul finale emerge quel lato nascosto di Light, e pur ammettendo che il colpo di scena ha sorpreso anche me, ormai è tardi per recuperare la sua caratterizzazione originale.
Aneddoto personale: a venti minuti dalla fine mi sono addormentata, ossia nel bel mezzo dell'inseguimento di L contro Kira. Questo da un'idea su quanto il film sia avvincente!
Bizzarra la conclusione che ci lascia in bilico tra il lanciare il telecomando contro la tv e il rimanere perplessi, eppure l'ho trovata a suo modo interessante.

Concludo dicendo che, secondo me, quando ci si azzarda a realizzare un film di un'opera così amata e che ha fatto la storia dei manga shonen, si dovrebbe rispettare sia l'opera sia i fan, altrimenti è chiaro che questi sentiranno il bisogno di sfogarsi proprio come ho fatto io. Immagino che l'unico senso di una simile trasposizione sia l'interesse del marketing, specie perché la storia è stata importata e tramutata in modo d'assecondare il pubblico americano (sempre che si sia sentito davvero gratificato).
Personalmente, mi fa fatto passare la voglia di sognare un nuovo film basato su "Death Note".
Al tempo stesso, però, sento il bisogno di rifugiarmi nei live action giapponesi! Se non altro, c'è un maggior impegno per ricreare fedelmente i meravigliosi personaggi ideati dal grande Tsugumi Ohba.


Il voto di Universi Incantati:




1 commento:

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