lunedì 17 novembre 2014

Recensione "Le mie due vite" di Jo Walton (Gargoyle Books)

Carissimi astronauti,
la recensione che vi propongo oggi è già stata pubblicata in anteprima su TrueFantasy, come potete vedere qui; è tempo di condividerla anche nel mio personalissimo spazio!



Trama:
Patricia ha dei ricordi molto confusi del suo passato. Le immagini dell’adolescenza sono nitide e intatte, ma dopo cosa è successo? Ha sposato Mark ed è stata moglie e madre come le sue coetanee, oppure ha scelto di amare liberamente la sua compagna Bee sfidando tutti i pregiudizi? Davvero le sue scelte hanno influenzato il destino del mondo al punto di farlo diventare contemporaneamen­te un posto meraviglioso in cui vivere e il palcoscenico di atti terribili?  Patricia non lo sa. Non sa come sia possibile ricordare di essere stata sia Trish sia Pat. Le sfugge qualcosa, è “molto confusa” come annotano i medici sulla sua cartella clinica. E tuttavia deve tentare di rimettere insieme i frammenti per capire chi è stata in realtà… Due incredibili versioni della storia del XX secolo diverse dalla nostra, due possibilità di vita vissute dalla medesima donna, in cui, come nell’effetto farfalla, le conquiste personali hanno il potere di cambiare i destini di molti altri allo stesso modo in cui il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo.

Recensione:



Cronaca di due vite in stile “Sliding Doors”

Visto che il precedente romanzo di Jo Walton, “Un altro mondo”, mi aveva sorpreso e affascinato (dunque valutato con un bel 90, qui), non vedevo l’ora di leggere una nuova opera dell’autrice britannica. 
Purtroppo, però, stavolta la magia non è nata. 

La protagonista di questo romanzo, Patricia, ci si presenta come un’anziana in una casa di cura che è “molto confusa”, poiché nella sua memoria si mescolano i ricordi di due vite parecchio diverse. Ce le racconta dall’inizio, dall’infanzia e dall’adolescenza in comune, fino al punto in cui, come insegna il film “Sliding Doors”, quell’unica vita si sdoppia: in base alla scelta di accettare o meno il fidanzamento con Mark, Patricia si divide in Trisha/Trish (sposata con Mark) e in Pat (accompagnata con una donna, Bee). 
A differenza del sopracitato film, le due vite prendono strade opposte che non s’incontrano mai, senza punti in comune se non quello del destino finale: la casa di riposo. L’infelice, succube, segregata in casa Trisha da una parte; la felice, realizzata, viaggiatrice appassionata dell’Italia Pat, dall’altra. Basta uno sdoppiamento di coscienze (e di vite) a rendere “Fantasy” un romanzo? Non sono solita fare distinzioni di genere, ma qui la presenza di elementi fantastici è talmente minima che lo vedrei meglio (e forse lo avrei apprezzato di più) in un contesto di narrativa.

Non solo perché qui la magia non c’è (conoscendo l’autrice, mi aspettavo almeno un’esplosione fantastica sul finale, più o meno come accadeva in “Un altro mondo”) ma è un romanzo dove prevale un’atmosfera fin troppo reale, cinica e pratica. Eventi storici come lo scoppio delle bombe nucleari in Giappone e l’assassinio di Kennedy si mischiano a qualche trovata straordinaria, ad esempio con i figli di Trish che si sposano e fanno la luna di miele sulla Luna, occasioni che, comunque, rispetto alle verità storiche si contano sulle dita di una mano. Sono reali la lotta all’emancipazione femminile di Trish, la lotta per i diritti omosessuali di Pat, e soprattutto la morte, che sia per un tumore derivato dalle radiazioni o sia per l’aids… tanti sono i temi importanti trattati, capaci di toccare il cuore nonostante siano per lo più narrati, piuttosto che mostrati. Da qui, mi allaccio alla definizione “pratica” che ho dato a questo libro: i fatti storici, come pure le gioie o le vicissitudini della/e protagonista/e non sono descritti, bensì, riportati come in una cronaca. Già dai titoli dei capitoli (dove le due si alternano sistematicamente) vedremo date, o meglio, intere annate; i capitoli possono riassumere anche oltre dieci anni, e se da un lato posso capire che per trattare due lunghe vite occorre essere concisi, d’altra parte lo trovo un modo freddo di raccontare le cose, un distacco emotivo che ho sentito soprattutto nella seconda parte, fatta di elenchi di figli e nipoti, ognuno con la propria storia, trattata per lo più con un sistema del tipo: “lui andò all’università, l’altra si sposò…”, ed è solo quando questa forma didascalica si apre alle descrizioni dei sentimenti, anche attraverso i dialoghi dei personaggi, che si può vivere in prima persona e sentire addosso quelle emozioni, fino a commuoversi.

Tra i temi preponderanti, troviamo un forte messaggio ambientalista che mi ha toccato al punto da spingermi a fare qualche ricerca sulla storia del nucleare; altrettanto (pre)potente è la componente femminista, tanto che credo potrebbe infastidire alcuni lettori che appartengono al genere maschile (persino io l’ho trovato un po’ eccessivo); con delicatezza, invece, è tratto il tema della demenza senile, prima con la mamma della protagonista (sia essa Trish o Pat), poi con lei stessa.

Mi è difficile valutare questo libro con un numero e mi dispiace non dare la sufficienza, ma devo considerare anche il fatto che mi son ritrovata in più di un’occasione con la voglia di abbandonare la lettura, spesso distaccata e noiosa (pur leggendosi velocemente, quei continui elenchi di fatti e di persone sono pesanti, a lungo andare). 
Ho sperato in un colpo di scena finale, ma quell’enigmatica sospensione, romantica da un lato, d’altra parte non riesce a soddisfare la mia lettura. Certo, nel complesso mi ha lasciato qualcosa. 
Ma non mi sento di consigliare a occhi chiusi questo libro; piuttosto, lo faccio con tante riserve.


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