lunedì 19 marzo 2012

Recensione "The Legend of Zelda: Skyward Sword" (Wii)



Dopo 25 anni, finalmente svelate (in parte) le origini della Leggenda.

Recensire videogiochi è una cosa che ho iniziato da poco, eppure sono una videogiocatrice incallita da quando avevo 7 anni, quando i miei genitori mi fecero trovare sotto l'albero un Nintendo 8 bit con il gioco di "Super Mario Bros." (con "Duck Hunt" integrato) e una scatoletta dorata con dentro una cartuccia dello stesso brillante colore, un manuale d'istruzioni bello corposo, e, incredibile, una mappa. Era la prima volta che mi approcciavo a questa forma d('arte)i divertimento, eppure ebbi subito l'impressione che ci fosse qualcosa di speciale racchiuso in quella cartuccia. Una volta inserita nella console, la luce della Triforza esplose nei miei occhi, la musica cominciò a tamburellare nel cuore, la trama della Leggenda (pur con la semplicità di allora) seppe intrigarmi, e da lì a poco Link e Zelda entrarono nella mia vita condizionandola per sempre. Sono tante e tra le più varie le esperienze che formano il nostro carattere, ma so che la mia fantasia e la mia logica (può darsi persino gli ideali) li devo a Zelda, che mi ha lasciato uno stampo, un marchio... magari è sul dorso della mano e ha la forma di un triangolino dorato.
Tutto questo per dire che Zelda è un qualcosa che non si gioca, ma si vive, a partire dall'annuncio: un nuovo "capitolo" di Zelda è un evento, roba da passare le giornate andando a caccia di rumors e le notti fantasticando su come sarà (pensare che dal primo annuncio si va avanti dai 3 ai 5 anni prima dell'effettiva uscita). Quando finalmente abbiamo tra le mani la confezione, la si maneggia con cura scartandola poco a poco quasi fosse un regalo prezioso, poi, non appena s'inserisce il gioco nella console, il cuore "brucia" per le alte aspettative, che in quanto tali, sono anche facili da deludere, specie se ogni titolo deve superare l'ormai solito esame: è meglio di "The Legend of Zelda: Ocarina of Time"?
Personalmente ho smesso di ragionare in questi termini perché ogni Zelda mi lascia qualcosa; se mi viene automatico fare paragoni è solo perché mi piace scavare nel profondo alla ricerca di differenze e similitudini, analizzando ogni elemento caratteristico per volta.

La trama di "TLOZ: Skyward Sword" è tra le più complesse. Come spesso accade nella serie, anche questa storia comincia con Link che si sveglia dopo un incubo che si rivelerà essere un sogno premonitore, solo che il risveglio è provocato dall'arrivo di un enorme pennuto col muso da papera, detto Solcanubi, che gli consegna una lettera da parte di Zelda, sua amica d'infanzia, che gli ricorda l'imminente Battesimo del Volo, ossia l'occasione per il ragazzo di diventare Cavaliere, una sorta d'esame per gli allievi dell'Accademia. Una panoramica ci mostra l'ambientazione: siamo in un'isola sospesa nel Cielo chiamata Oltrenuvola (Skyloft nell'originale); un villaggio distribuito tra praterie, laghetti, e cascate che si tuffano nel vuoto. Sopra di noi, un cielo limpido; sotto, un "mare" di nuvole (e già qui ho sottinteso un paragone). Gli abitanti di Oltrenuvola sono convinti che il mondo sia tutto lì, in quel Cielo vasto che al tempo stesso sa di "limitato", e il limite è appunto rappresentato da quelle nuvole, al di sotto delle quali è impossibile andare. Ma esistono delle Leggende che narrano che laggiù esista una realtà addirittura più grande del Cielo, una realtà che si chiama "Terra". Link ascolta questo racconto da Zelda, che romantica, immagina di poter varcare quei confini, un giorno: chissà quante cose ci sono ancora da scoprire... eppure Zelda, che qui non è ancora una Principessa, non sa che quel giorno è vicinissimo, e che le scoperte riguarderanno lei in primis. Oltrenuvola è un'isola felice ("stare sulle nuvole" è anche uno stato d'animo, guarda caso) lontana dalla minaccia, dal male che infesta la Terra, ma in qualche modo il male riesce a raggiungere il Cielo, porta via Zelda, e Link si precipita a salvarla sfidando l'ignoto accompagnato da Faih (lo spirito della spada che era custodita nella Torre della Dea) per concludere una lotta cominciata venticinque anni prima proprio dalla Dea stessa.
L'inedito stile ad acquerello, che per le tinte accese ricorda "TLOZ: Wind Waker" ma che per il character design realistico si avvicina a "TLOZ: Twilight Princess", contribuisce a dare a questo episodio un'atmosfera onirica, secolare visto che tratta l'origine dalla serie, eppure, l'accennare a un evento della Dea affrontato venticinque anni prima, fa sì che anche questo gioco non rappresenti la vera-vera origine, perché c'è sempre qualcosa dietro che ci sfugge e non è rivelato; non a caso si tratta di Leggenda!

Come visto qualche mese fa in questo articolo, il 2011 è stato il venticinquesimo anniversario della serie, per questo il logo creato per l'occasione appare poco prima dell'inizio del gioco così come alla fine, ma non è tutto qui: questo numero importante diventa un elemento chiave della trama di "TLOZ: Skyward Sword" perché introduce una Dea prima d'ora sconosciuta ai giocatori della serie, una Dea che i fan non potranno più dimenticare.
Tralasciando questo aspetto fortemente spoiler, il gioco è comunque un intero omaggio al quarto di secolo compiuto da Zelda: i rimandi ai titoli del passato sono tantissimi, e ne troviamo quando viene ripescato un oggetto che non si utilizzava da un po', come la Giara Magica o i Guanti Mogma che ricordano "TLOZ: the Minish Cap", oppure nel Mare di Sabbia di Ranel che già di per sé ricorda "TLOZ: Wind Waker" ma con l'arrivo del Galeone Fantasma ricorda "TLOZ: Phantom Hourglass" (stesse modalità anche per risolvere la situazione), poi nelle Prove, col Ricettacolo dello Spirito dove occorre recuperare le Lacrime un po' come avveniva in "TLOZ: Twilight Princess", ma con le guardie che rincorrono Link e le zone franche proprie di "TLOZ: Phantom Hourglass" e "TLOZ: Spirit Tracks" (con molta più tensione, però!), perfino con le Pietre del Tempo che permettono di tornare al passato nel Deserto di Ranel, il che ricorda l'Ocarina di "TLOZ: Ocarina of Time" (anche se il loro utilizzo è ristretto a questa zona, e in punti precisi), e una miriade di altre situazioni che a citarle tutte sarebbe un'impresa titanica.
Certo che con l'utilizzo delle Bombe, quando invece di lanciarle dall'alto portiamo il WiiPlus verso il basso e regoliamo la traiettoria col polso, sembra di giocare al bowling di "Wii Sports", e suonare la Lira in modo così semplicistico rispetto all'Ocarina o la Bacchetta del Vento (ricorda più l'ululato di Link-lupo in "Twilight Princess", purtroppo) ci riporta a "Wii Music". Poi ancora, le Gemme di Gratitudine sono uguali alle Astroschegge dei "Super Mario Galaxy", e la caratteristica di ruotare le chiavi delle porte che conducono ai boss viene probabilmente da "Another Code: R".

A parte le Gemme di Gratitudine su cui mi soffermerò più tardi, tutti gli altri elementi sopracitati fanno parte del Gameplay, che in "TLOZ: Skyward Sword" è affidato al WiiPlus, ossia a quell'oggettino che si aggiunge al Wiimote (o che nel caso della Versione Limited del gioco è integrato al telecomando dorato) che consente la riproduzione 1:1 dei movimenti del nostro braccio. E' sottinteso che è quindi impossibile giocare a questo titolo senza il Plus, inoltre sfatiamo subito il mito che occorre stare in piedi mentre si gioca: sarebbe assurdo con un gioco come Zelda che è un avventura continuativa e molto varia (e non costituita da diverse sessioni di gioco come "Wii Sports: Resorts", per intenderci)! E' infatti proprio grazie al WiiPlus che sono offerte le situazioni più varie, ad esempio il WiiPlus può sostituire il pennino del DS di "TLOZ: Phantom Hourglass" (e "TLOZ: Spirit Tracks") perché in certe situazioni potremo "disegnare forme", ma soprattutto, l'aspetto principale in un gioco della serie Zelda, è il combattimento con la spada: altro che Wiimote "frullato" a casaccio come in "TLOZ: Twilight Princess", qui i nemici si riescono ad abbattere solo menando fendenti nella direzione giusta, ossia quella che lasciano scoperta! Se i Boblin che si fanno scudo con la propria spada fanno un po' ridere (perché quando riescono a contrastare i nostri colpi emettono un verso gracido e cambiano espressione), le cose si complicano quando la spada diventa elettrica (se colpita per sbaglio si prende la scossa!) oppure se ci troviamo di fronte a uno Stalfos armato di più spade, per non parlare della difficoltà nello sconfiggere un "semplice" Skulltulla o alla prontezza di riflessi che occorre avere con le sempreverdi Deku-Baba
Col WiiPlus cambiano le tecniche di combattimento e si passa alla strategia, soprattutto quando arriva lui: il Patriarca dei Maghi Ghirahim (il personaggio più folle e ambiguo di tutta la serie). Quando provai il gioco per la prima volta, in anteprima al Lucca Comics & Games 2011, mi affaticai parecchio sul trovare il modo per colpirlo, visto che precede le mosse difendendosi e contrattaccando contemporaneamente. Qualcosa avevo intuito, poi a casa, con calma, ci sono riuscita, anche se era facile cadere nello sconforto o nel pensiero: "ma è impossibile!"; questo per dire che in questo Zelda, anche un combattimento è un enigma, e ciò incrementa la difficoltà del gioco, il che va inteso come "più complicato del solito".
Vista l'immersione che garantisce l'utilizzo del WiiPlus mi sembra doveroso affermare un bel "mai più senza", e dimenticavo, anche il tiro con l'Arco acquista spessore: già mi piaceva prima, figuriamoci adesso che diventa così preciso; da ancor più gusto riuscire a metter fuori gioco i nemici sorprendendoli da lontano.
Una precisazione tecnica: nonostante le lunghe sessioni di gioco (poche ma lunghe) non ho mai dovuto calibrare il WiiPlus salvo nei casi in cui stoppavo il gioco e il WiiPlus si spegneva - dopo un po', naturalmente - per evitare lo spreco della batteria; insomma, non ho avuto problemi di questo tipo.

Tra le novità di "TLOZ: Skyward Sword" c'è che il mondo di gioco non è più caratterizzato da una grande area che funge da hub per altre aree più piccole (cito ad esempio la Piana di Hyrule di "TLOZ: Ocarina of Time" che percorrendola consente di raggiungere il lago Hylia a ovest, la foresta dei Kokiri a est, il castello di Hyrule a nord...) e nonostante sia poi l'area del Cielo a riprendere questo metodo, sulla Terra si agisce in maniera diversa grazie al backtraking, il che significa che certe zone saranno accessibili solo quando si avranno determinati oggetti (un po' come avviene nella serie di "Metroid"). In questo modo, nuove ambientazioni si scopriranno poco a poco, nuove e varie, ma in fondo sempre le stesse, perché Zelda è un gioco che tiene molto alla tradizione. Le aree sulla Terra, infatti, sono sempre tre: foresta, vulcano, deserto. Solo, raggiungere ogni dungeon sarà, anche qui, più complicato del solito, e in maniera tutt'altro che lineare.
Un'altra novità è il vigore, ossia un cerchietto verde che appare accanto alla figura di Link quando egli compie azioni quali correre, scalare una salita... vorrei che anche questa novità venisse mantenuta nella serie, perché arricchisce l'esperienza di gioco, oltre a renderla più verosimile (Link si stanca a forza di correre; proprio come noi!).
Altre caratteristiche inedite nella serie sono i potenziamenti dell'arsenale (potenziamenti su potenziamenti!), e un inventario limitato che pur aggiungendo saccocce (potenziamento anche qui!) costringe il giocatore a compiere una scelta preventiva sul cosa portarsi durante la missione e a cosa rinunciare. Fortunatamente c'è il Deposito nel villaggio di Oltrenuvola, ma a tal proposito aggiungo che di certi oggetti ho trovato i doppioni (questo non va bene!).
Una novità inaspettata, invece, riguarda lo spirito della spada, Faih. La nuova spalla di Link, infatti, può svolgere la funzione di rilevatore. All'inizio si tratta solo di rintracciare Zelda, ma col proseguire dell'avventura, questa modalità della spada si adopererà per le più disparate sub-quest.

Oltre alle classiche sub-quest di insetti, portacuori, tesori vari, competizioni, e la novità degli Esaedri della Dea che attivati dalla Terra scoprono un forziere nel Cielo, le sub-quest più interessanti sono quelle legate ai vari personaggi secondari, ognuno alle prese con qualche problema (più o meno grave) un po' come avveniva in "TLOZ: Majora's Mask"; una volta risolti i problemi, i personaggi rilasciano le - prima citate - Gemme di Gratitudine, utili a un'altra sub-quest. I tanti personaggi che hanno bisogno dell'aiuto di Link sono così ben caratterizzati che ho pensato che il finale avrebbe incluso anche la parte dell'esito delle loro vicende, perché con loro ci sono delle sub-storie, se così si può dire, e il giocatore ha addirittura la possibilità di condizionare le loro vite scegliendo di agire in un modo piuttosto che in un altro (tipo la vicenda della carta da lettere, da una parte esilarante, che se non ricordo male dovrebbe essere simile a una sub-quest sempre di "TLOZ:Majora's Mask").
A proposito della caratterizzazione dei personaggi mi ha piacevolmente colpito l'attenzione riservata a Zelda; probabilmente non è mai stata sviluppata così a fondo. Dicevo che per la prima volta non è una Principessa (pur essendo la figlia di un personaggio importante, il Direttore dell'Accademia, Gaepora), ed è l'amica d'infanzia di Link (che è la versione che preferisco) ma soprattutto, qui ne è palesemente innamorata! Probabilmente ricambiata... Decisamente meno austera e fredda di "TLOZ: Twilight Princess", è probabilmente anche più bella, con quel viso dolce e degli occhi incredibilmente espressivi tanto che si può intuire cosa stia provando semplicemente guardandola, ed è un bel peperino come già visto in altre occasioni. La Zelda di "TLOZ: Skyward Sword" sembra essere anche la più fragile di tutte; non ha quel potere che negli scontri finali degli altri titoli della serie ha determinato l'esito della battaglia di Link.

Qualche parola sulla fase finale del gioco. Il dungeon della Torre della Dea  (che a un certo punto ricorda "Laputa: castello nel cielo" di Miyazaki) è uno di quei livelli che si ricorderà negli anni: poche stanze e pochi nemici, ma si tratta di un intero enigma, capace di portar via parecchie ore. Del resto, ciò che si cela al suo interno è qualcosa di veramente speciale. Lo scontro finale l'ho trovato meno epico rispetto a "TLOZ: Ocarina of Time" o "TLOZ: Twilight Princess", non per questo meno interessante, tuttavia il boss in questione non mi ha dato lo stesso timore, forse perché è anche relativamente più facile da battere visto che s'intuisce quasi subito come attaccarlo (ho invece impiegato un bel po' prima di capire come sconfiggere Ganon in "TLOZ: Ocarina of Time 3D", e la cosa più sconcertante è che lo avevo già affrontato a suo tempo!); mi ha comunque consumato parecchie pozioni.
Devo poi menzionare l'orda di Boblin poco prima dello scontro finale: questo sì che è epico! Inoltre alcuni Boblin ci sorprendono con comportamenti fuori dal comune.
Riguardo alla durata del gioco, ho letto che l'avventura principale si completa in 35 ore circa; riporto questo dato perché personalmente preferisco dedicarmi alla storia unitamente alle sub-quest (non ho fretta di finire la storia, anzi), per cui posso dire che ho completato l'avventura in 62 ore, ma mi manca ancora qualcosa per finire al 100%! 
La longevità è un altro elemento a favore di "TLOZ: Skyward Sword", e se vogliamo metterci ulteriormente alla prova, alla fine della storia si può ricominciare l'avventura in Modalità Eroica, dove la difficoltà risiede nel fatto che i danni subiti da Link sono raddoppiati. 
In realtà ci si può mettere alla prova anche prima, perché a un certo punto incontreremo il Drago del Fulmine a proporci delle sfide piuttosto impegnative; d'altra parte, fin dall'inizio è a disposizione del giocatore una Pietra Sheikah vicino al dojo nel villaggio di Oltrenuvola, che se consultata offre consigli sul come proseguire, proprio come visto la scorsa estate in "TLOZ: Ocarina of Time 3D" (anche stavolta, ho evitato quella pietra come la peste!).

Le musiche sono straordinarie, memorabili come "TLOZ: Wind Waker" ma finalmente orchestrali; direi proprio che sono tra le più belle dell'intera saga (nella Versione Limited del gioco c'è poi il cd della colonna sonora con le melodie più celebri della serie eseguite dall'orchestra). E' bello scoprire che la melodia che Link deve completare verso la fine del gioco, la Melodia dell'Impavido, è quella che noi fan conosciamo bene, quella che da sempre caratterizza la serie. La Melodia della Dea, non è un mistero, ma è la celebre Ninnananna di Zelda al contrario; è incalzante, epica. "Il motivo" di Faih, invece, è malinconico e struggente, con la voce del flauto protagonista dal fascino orientale, tanto da ricordarmi la colonna sonora dell'anime "InuYasha". 
Sempre riguardo alla componente sonora, non è ancora presente un doppiaggio vero e proprio, solo la solita serie di versi, o al massimo una parola pronunciata all'inizio della frase. Francamente se ne sente la mancanza, e semmai un giorno la serie venisse doppiata, Link lo preferirei, tuttavia, muto come sempre, perché sono ormai affezionata a questa caratteristica, e penso che lo renda, come dire, ancora più puro ai miei occhi. Ad ogni modo, in questo episodio più che mai, è reso implicito che Link parli con gli altri, perché succede, solo che poi la telecamera si allontana!
Le sequenze filmate sono le più lunghe della serie; sarebbe bello poterle rivedere tutte una volta che si "sbloccano", purtroppo però è una caratteristica che la Nintendo non ci ha ancora voluto regalare. La scena finale lascia un po' d'amaro in bocca perché, come al solito, lascia dei sottintesi senza sbilanciarsi, solo che stavolta ci avevo sperato davvero (che tortura!), in compenso, ciò che si vede durante i titoli di coda mi ha piacevolmente sorpreso; sarà che ho questo debole per il "turn back time"!
In conclusione, "TLOZ: Skyward Sword" è concentrato sul rapporto tra Link e Zelda (il Solcanubi, invece, in quanto a rapporto con Link non è all'altezza di Epona), ed è un capitolo importante poiché svela in parte l'origine della serie, con rivelazioni inaspettate che portano ad interrogarci e a rivalutare le teorie finora elaborate. E' un gioco che non si dimentica, di quelli che quando si concludono si avrebbe già voglia di ricominciarli poiché la parola "fine" lascia con un senso di vuoto; si vorrebbe vedere ancora il sorriso di Zelda, l'Impavido sguardo di Link, Faih che danza leggiadra mentre un Goron s'interroga sui misteri della Dea, i Draghi cantano, Impa ci attende, e un Kyuri si mimetizza nel bosco,  ma la verità è che di Zelda non se ne ha mai abbastanza. Allora riprenderemo in mano il gioco, e rivivremo tutto. Sono sicura che quando vedrò quell'enorme stemma Hylian nel Deserto Ranel proverò ancora un tuffo al cuore, e sarà il primo di una serie.




Recensione pubblicata anche su TrueFantasy:



giovedì 8 marzo 2012

Recensione "Fiocchi di cotone per Jeanie" (Yamato Video)



Pensiero che si esprime in libertà!


Ricordo che questo "cartone" lo guardavo da bambina; in particolar modo mi era rimasta impressa la sigla di Cristina D'avena e la bionda protagonista, per il resto non ricordavo nemmeno di cosa parlasse, ma ho rimediato di recente seguendo la programmazione su Anime Gold (canale 285 del digitale terrestre).
L'anime è formato da 52 episodi inizialmente ambientati nel 1838 a Lawrenceville, Pennsylvania, e segue le vicende di Jeanie McDowell e i suoi amici d'infanzia: Bill, ragazzo di colore che suona il banjo, e Stephen Foster, che compone melodie con la fisarmonica.
Questi nomi potrebbero suonare nuovi, invece Jeanie e Stephen sono persone realmente esistite, le stesse a cui l'anime è dedicato e a cui liberamente s'ispira per raccontare le loro storie: Stephen Foster è infatti il compositore statunitense che ha lanciato canzoni popolari, celebri anche oltreoceano, come "Oh, Susanna!" che tante innumerevoli volte ascolteremo nell'anime, così come il motivo che corrisponde a "Jeanie with the light brown hair", dedicata appunto alla moglie Jeanie McDowell. Sebbene vedremo sempre in primo piano Jeanie, alla fine ci renderemo conto che è la storia di Stephen Foster, da quando accarezza il sogno di diventare compositore, a quando si presenta la possibilità di vendere le sue musiche; non a caso è la voce narrante.

Fatta questa doverosa premessa, torniamo alla trama dell'anime.
Jeanie è una spensierata tredicenne che vive con il papà Freddy, un medico, la madre Julia, assistente infermiera, e una famiglia di persone di colore che presta servizio ai McDowell, composta da padre (si occupa del giardino e di altri lavori pesanti), madre (addetta alla cucina) e figlio (Bill, che di tanto in tanto aiuta il padre). Jeanie è molto amica di quest'ultimo, e insieme a Stephen trascorrono le giornate correndo per le verdi colline suonando e cantando le canzoni che Stephen ha scritto ispirandosi a quella semplice vita di campagna. Come anticipa la voce narrante di Stephen alla fine di ognuno dei primi due episodi (si poteva evitare, eh!), la vita di Jeanie viene presto sconvolta dall'improvvisa morte della madre, e poco tempo dopo, nella vita di Jeanie e il padre entra l'aristocratica Diana, con la quale Jeanie instaura un rapporto d'amicizia costellato però da diverse incomprensioni; Diana cerca infatti d'imporre la sua educazione e la sua stessa istruzione a Jeanie, ma la ragazza, da sempre abituata ad aiutare gli altri perché casa sua è un costante via-vai di malati, ha ormai maturato il desiderio di diventare medico come il padre (e l'anime fa notare quanto sia raro, in quegli anni, che una donna ottenga quel ruolo).
Diversamente da Jeanie, che ha un temperamento ribelle e determinato, Stephen, accantona l'idea di diventare un compositore e si piega al volere del padre partendo per New York alla volta della scuola per avvocati scelta da quest'ultimo; solo Bill non ha ancora chiaro quel che voglia fare nella vita, ma nel corso della storia acquisterà consapevolezza, e allora le scelte dei tre amici si muoveranno in parallelo, s'incroceranno, si scontreranno pure, ma quel che conta è che ognuno veda realizzato il suo sogno.
"Fiocchi di cotone per Jeanie" ("Kaze no naka no shojo kinpatsu no Jeni", letteralmente "Jeanie la ragazza bionda nel vento") ha infatti come tema principale la realizzazione dei propri sogni, così per ognuno dei tre protagonisti seguiamo il percorso di formazione con le inevitabili difficoltà che lo contraddistinguono, ad esempio, per Jeanie, l'integrazione nel collegio femminile dove vige la dittatura della Signorina Garland, poi due anni dopo con il tirocinio in quel paesino sperduto dove un orfanotrofio povero rischia continuamente la chiusura; per Bill, invece, la difficoltà risiede nel fatto che non viene da una famiglia benestante come Jeanie o Stephen, ma soprattutto che è di colore, e pur non essendo uno schiavo (a quell'epoca la schiavitù era già stata abolita) è oggetto di discriminazione (cito ad esempio l'episodio nella bottega, dovei cade un barattolo da uno scaffale, lui lo raccoglie, e subito gli viene dato del ladro) e talvolta è lui per primo a sminuire se stesso, perché si abbatte al pensiero che non sappia fare altro se non i lavori manuali, una sorta di crisi d'identità che lo toccherà più volte, come accadrà anche a Stephen nella musica e a Jeanie.
La crisi di Jeanie mi ha particolarmente colpita, perché se per gran parte dell'anime la vediamo comportarsi in maniera esemplare, quando la storia si sposta ai due anni successivi, ci sorprende vederla perdere la pazienza con Michelle, una ragazzina dell'orfanotrofio. Vien da pensare: "Jeanie non si comporterebbe mai, così! Questa non è Jeanie!" Ma la verità è che Jeanie è cresciuta. Ha perso un po' della sua innocenza, della sua semplicità, della sua fede (intesa in senso ampio, non strettamente religioso), diventando più rigida, un po' come la tanto criticata Signorina Garland, mentre lei, citazione: "io volevo essere come la mamma..." (e noi giù coi lacrimoni!)
Fin dall'inizio, Jeanie è una pura di cuore. Non solo, cambia positivamente molte persone, riuscendo a fare breccia anche nei cuori più freddi. Grazie a lei, l'anime trasmette valori quali il rispetto, l'altruismo (addirittura prendersi le colpe quando si è innocenti, pur di salvare le posizioni altrui), la generosità e la condivisione (specie in tempi di miseria), il senso della giustizia, il non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, non giudicare limitandosi solo all'aspetto, e una sottigliezza come il non compatire, perché ognuno ha una sua dignità. Quest'ultimo emerge dall'episodio in cui arriva al collegio una nuova ragazza, Julia, vestita di stracci e che dice d'essere un'orfana. Mentre le altre alunne la compatiscono, Jeanie reagisce così: "Perché poverina? Ora è nella nostra scuola e deve gettarsi il passato alle spalle. Poi noi veniamo da tanti posti diversi, io da Lawrenceville, tu Betty da New York, ma con le divise siamo tutte uguali."
Questa frase si riallaccia al tema della discriminazione accennato poco fa, ebbene, Jeanie spende belle parole anche in questi casi, ad esempio, appena arrivata al collegio incontra un uomo di colore che l'accompagna dalla preside, e mentre Jeanie si presenta, lui non proferisce parola. Davanti all'insistenza della ragazza, l'uomo dice: "La gente come me, da queste parti, ha lo stesso valore degli alberi. A nessuno interessa sapere come mi chiamo; nessuno parla con gli alberi." Ecco la risposta di Jeanie: "No! Non è vero! Io parlo sempre con gli alberi e con i fiori del bosco; inoltre sei un essere umano, perché ti paragoni a una pianta?"
E' per frasi come queste che l'anime dovrebbe essere visto anche dai bambini: Jeanie è un buon esempio per loro, anzi, lo è per tutti. Fortuna che esiste Anime Gold (dimentichiamo italia1)! A proposito, ci sono ancora le repliche in svariati orari, altrimenti la serie è racchiusa in due soli cofanetti distribuiti da Yamato Video.
"Fiocchi di cotone per Jeanie" è un anime che insegna e commuove, e a parte quei cinque episodi noiosi delle vacanze estive, palesemente riempitivi, e che sono un susseguirsi d'improbabili peripezie con altrettanto improbabili personaggi (i ladri "buoni" che assomigliano tantissimo a quelli del film "Mamma ho perso l'aereo", anche nell'aspetto), si mantiene su un livello medio-alto, anche per quanto riguarda i disegni, le animazioni e le musiche (a parte i cori stonati!). Le parti che più mi hanno appassionato sono state quelle al collegio (una vera e propria rivoluzione all'insegna della libertà!) e tutta quella in cui vediamo i tre protagonisti, ora cresciuti, con Jeanie che si prende a cuore la situazione nell'orfanotrofio (lacrime a ogni episodio). Il finale scivola via un po' in fretta, forse mi aspettavo qualche scena in più per quanto riguarda l'amore tra Stephen e Jeanie (bello anche il parallelo con la storia tra Nancy e il medico scorbutico), tutto sommato, ben 4 stelle!

Con la dolce e determinata Jeanie,
approfitto per fare gli auguri a tutte le amiche, followers e visitatrici:
BUON 8 MARZO!



lunedì 5 marzo 2012

Recensione "La Regina degli Inferi vol.1 - Il Risveglio del Fuoco" di Chiara Cilli (Tabula Fati)




Tanta fantasia sulle ali del Cavallo Nero

"Il Risveglio del Fuoco" è il primo libro della saga "La Regina degli Inferi" dell'esordiente Chiara Cilli, che come preannunciato nel precedente post è una piacevole sorpresa nel panorama fantasy italiano.

Il libro è ambientato nel mondo di Penthànweald, formato appunto da cinque terre ognuna sotto l'influenza di una Dea diversa (più due divinità maschili che per ora non compaiono), oltre a una che ancora non ha deciso se accettare o meno il suo ruolo: Morwen. Lei è la Fanciulla delle Fiamme scelta dal Regno degli Inferi come Regina-Dea, pertanto è un essere di straordinaria bellezza (corpo statuario, capelli corvini e occhi splendenti come diamanti rosa), capace però di compiere atti sanguinari perché di natura irascibile e cannibale, quasi come un demone. Morwen è perseguitata dalle altre divinità che vogliono impedirle di compiere la sua scelta perché avrebbe conseguenze devastanti su tutta Penthànweald, perciò si nasconde nella Terra degli Uomini, precisamente nel Regno di Thera sotto la protezione di Re Ashiwar, tuttavia, per una serie di coincidenze, è proprio questo il luogo che segna l'inizio del cammino che la porterà alla decisione definitiva. Solitaria e noncurante degli esseri umani alle prese con l'improvvisa avversione della Dea Lash, Morwen decide infatti di aiutarli, complice una scommessa persa con il giovane Principe Galadir, figlio di Re Ashiwar; la missione prevede il recupero dei cinque cristalli di Lash sparsi per le varie terre di Penthànweald, tali cristalli sono infatti l'unico mezzo per sopraffare la Dea Lash. Ad accompagnare Morwen, il fedele Cavallo Alato Nero, nonché Signore degli Inferi, Hurrichein, poi c'è il Principe Galadir che di Morwen non conosce il passato né la vera natura, ma essendo terribilmente attratto dalla ragazza, insiste per partecipare all'impresa...

Già dalla trama emergono intrecci e intrighi: si tratta infatti di una storia complessa, di alleanze segrete, destini avversi, e passati tenuti all'oscuro, cui va ad aggiungersi il conflitto interiore della protagonista, continuamente in lotta tra il negare e disgustare la propria natura e l'abbandonarsi ad essa; tra ragione e istinto.  Morwen è un personaggio dai forti contrasti, potremmo dire "eroina malvagia" se non fosse che anche queste due definizioni contraddittorie si contraddicono a loro volta quando vediamo Morwen ragionare come una persona comune, da essere umano più che belva, talvolta addirittura fragile, e non è nemmeno sempre così cattiva, poiché capace di provare anche compassione. Essendo una creatura degli Inferi dovrebbe muoversi seguendo il sentimento d'odio, tuttavia certe sue azioni dimostrano che non è immune a quell'emozione "disgustosa" (come direbbe lei) che è l'amore. Il Principe Galadir è un po' l'occasione di Morwen per cambiare; un'alternativa a quel destino. 
Galadir è simile a Morwen in diversi aspetti, ad esempio sono entrambi testardi, e anche lui sembra tronfio di sé ma appena cambia il punto di vista scopriamo che cela timori e debolezze; soprattutto i due sono accomunati dal fatto che qualcun'altro ha scelto per loro il loro destino, ma non mi sbilancio per non cadere in questo succulento spoiler. Galadir, comunque, si differenzia per via della sua determinazione: agisce d'impulso, spesso senza pensare alle persone che lo circondano (diversamente da Morwen lui ha una famiglia, tra cui la sorellina Kamria, un altro personaggio importante) e sembra avere gli obiettivi chiari, tanto che non c'è niente che lo sconvolga; nemmeno certe rivelazioni lo portano a tentennare.
Oltre a quello di Morwen e Galadir, un altro legame che mi ha colpito è stato quello di Morwen con il Cavallo Alato Hurrichein: mi è piaciuta la sincronizzazione fisica ed empatica, poi l'atteggiamento di lui severo e austero alternato a tenerezza e protezione, il tutto a dimostrare quanto tenga alla ragazza (sembra agire pensando sempre al suo bene). Anche Hurrichein è un personaggio ben caratterizzato; la sua personalità evince nei particolari dei suoi movimenti.

Gli scenari delle varie terre di Penthànweald sono descritti quanto basta per immaginarli in tutta la loro spettacolare bellezza, specie il luogo d'incrocio tra le Terre dove ogni cascata diversa è l'accesso a una terra nuova; tanto di cappello alla fantasia dell'autrice! Su tutte mi ha colpito l'originalità del Deserto Vivo. 
Non si può dire la stessa cosa, però, del prologo: il testo è pesante, le descrizioni sono eccessive (per ogni oggetto c'è un aggettivo, ma proprio per qualsiasi oggetto!), inoltre difficilmente si comprende chi è il soggetto dell'azione, complice il fatto che anche gli oggetti sembrano animarsi quasi avessero volontà propria. Confesso che questa parte del testo mi aveva demoralizzato: siamo all'inizio del libro, la parte che dovrebbe invogliare il lettore, invece ho dovuto leggere quelle pagine per tre volte prima di riuscire a capirne il senso! Fortunatamente, dopo quelle quattro pagine il registro cambia totalmente, con una scrittura fluida che, lasciatemelo enfatizzare, scorre che è un piacere.

"Il Risveglio del Fuoco" è un ottimo inizio per una saga che promette bene, specie con quel finale in sospeso che, da una parte, avrei lanciato il libro fuori dalla finestra (se penso a quanto dovrò aspettare...!), ma intanto che facevo questi pensieri me lo tenevo ben stretto tra le braccia. Spero vivamente che l'autrice ci regali il seguito al più presto; è dura resistere quando sul finire si mischiano le carte in tavola, s'introducono figure interessanti come quelle dei "Protetti", e si stravolge la protagonista... complimenti all'autrice!



venerdì 2 marzo 2012

Universi Incantati ha ricevuto un riconoscimento da Net-Parade!

Et voilà!


Ho appena ricevuto una e-mail da Net-Parade contenente questo riconoscimento!
Un grazie a tutti quelli che hanno votato Universi Incantati! :D

Colgo l'occasione per anticipare che presto sarà pubblicata (anche in queste pagine) una recensione che ho scritto per TrueFantasy rubrica "Jappo W!"; si tratta della recensione al bellissimo videogioco "The Legend of Zelda: Skyward Sword" che ho finito una settimana fa dopo 62 ore di gioco (e sto lottando con la voglia di giocarci ancora, cosa che rimedierò presto ;)). 
Ho poi appena terminato la lettura del libro "La Regina degli Inferi - Il Risveglio del Fuoco" di Chiara Cilli, una piacevole sorpresa nel panorama fantasy nostrano che presto recensirò; sembra inoltre che manchino pochi episodi al termine dell'anime "Fiocchi di Cotone per Jeanie", quindi anche questo appuntamento è segnato.

I progetti sono ancora tanti, la scaletta dei libri da recensire sembra infinita; stare dietro a tutte le mie passioni è un po' come fare il giro di tutte le giostre di un Luna Park senza considerare gli orari di apertura e chiusura.
Se non altro, mi sto divertendo! ^.^

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